Wrestlers ieri & oggi – parte 3
Ric Flair
Wooooooooooooh! Non è possibile condensare in poche righe la storia di quello che è universalmente riconosciuto come il wrestler più importante della storia della disciplina; un intrattenitore “totale” sopra e sotto il ring, una personalità debordante che nel corso dei decenni ha dato vita ad innumerevoli episodi, diventati poi leggenda.
Una carriera sempre al limite, “larger-than-life” non senza problemi con la legge e controversie. Ma le controversie, si sa, sono la linfa vitale del wrestling moderno ed anche in questo il buon Ric è stato un antesignano.
Ha combattuto in tutto il mondo e con i più grandi (o sarebbe più corretto dire che sono i più grandi ad aver combattuto con lui) influenzando, soprattutto nello sviluppo dei personaggi, tutte le generazioni a venire
A dirla tutta, però, il sedici volte campione del mondo è stato poco sotto i riflettori durante i “nostri” anni ’80 visto che durante tutto il decennio ha militato in federazioni che non avevano copertura televisiva in Italia; i fan italiani inizieranno a conoscerlo meglio soltanto durante il boom della disciplina nei primi anni ’90, ma il suo ruolo di protagonista è indiscutibile e non poteva non essere incluso in questa lista.
“Ravishing” Rick Rude
“Bene, ora tutti voi sudati, grassi, fuori forma abitanti di questa fetida città fate silenzio mentre tolgo la vestaglia e mostro le donne che aspetto dovrebbe avere un vero uomo”. Irritante, vero?
Eppure in un’epoca in cui i lottatori sul ring erano dei giganti steroidati e gli uomini fra il pubblico dei flaccidi budini di carne, Rick Rude possedeva un fisico statuario, definito e potremmo dire “moderno” e, cosa più importante, lo usava non soltanto per combattere ma anche come vero e proprio mezzo di comunicazione, plasmando su di esso il personaggio del narcisista arrogante.
In pochi minuti riusciva a demolire sia l’avversario che l’autostima degli uomini presenti, ma non quella dei suo avversari, come nella leggendaria faida con Ultimate Warrior, combattuta a suon di pose plastiche.
Non si può comunque parlare di “tutto fumo e niente arrosto”, Rude è stato un wrestler dal solido bagaglio tecnico ed un approccio “old school” molto apprezzato dai colleghi. Muore per attacco cardiaco nel 1999 ed inserto nella WWE Hall of Fame nel 2017.
Ricky Steamboat
Steamboat viene ricordato soprattutto per l’eccellente scontro del 1987 con Randy Savage al Pontiac Silverdome durante la terza edizione di Wrestlemania.
Definito da fan ed addetti ai lavori come il match più tecnico di tutti i tempi, il Dragone riuscì a portare a casa la cintura davanti ad un pubblico record di 93.176 persone (pubblico dichiarato… sappiamo quanto la WWE ami “pasticciare” con i numeri).
Una caratteristica abbastanza rara di Steamboat è quella di aver interpretato il ruolo di “babyface”, ovvero quello del buono, per l’intera carriera durata oltre 30 anni e conclusasi nel 2009, dopo aver combattuto in tutto il mondo contro icone del calibro di Ric Flair, Paul Orndorff, Jake “The Snake” Roberts e The Great Muta.
“Rowdy” Roddy Piper
Nel mio personale “monte Rushmore” c’è sicuramente Roddy Piper, wrestler canadese, spacciato per scozzese, con una spiccata attitudine alla recitazione sopra le righe che gli permetterà di travalicare i confini della disciplina ed approdare, oltretutto con un discreto successo, al mondo del cinema e della televisione.
Fra le decine di film è impossibile non dedicare almeno due righe al capolavoro di John Carpenter, Essi Vivono. Se non trovate che Essi Vivono sia un capolavoro, con il suo incedere “videogiocoso” e gli effetti speciali dozzinali, probabilmente non siete fan di wrestling.
Se non siete fan di wrestling, perché state leggendo questo articolo?
Se per qualche arcano motivo, invece, siete fan di wrestling e non avete mai visto Essi Vivono, rimediate il prima possibile.
Scontroso, sarcastico, indisponente e dalla dialettica tagliente, si guadagnò in poco tempo un ruolo di rilievo nella federazione al punto di diventare l’antagonista principale di Hulk Hogan e Mr. T (sì, QUEL Mr. T) in una faida che vide coinvolti anche “Captain” Lou Albano e la cantante Cyndi Lauper, ovvero la Rock ‘n’ Wrestling Connection.
Non a caso un’autorità del settore come Ric Flair lo ha acclamato come «il più dotato intrattenitore nella storia del wrestling». Piper fu inserito nella WWE Hall of Fame nel 2005 e fu classificato al primo posto come il più grande cattivo nella storia del wrestling dalla WWE. E’ morto nel 2015, a 61 anni, in seguito a delle complicazioni polmonari.
“Superfly” Jimmy Snuka
Originario delle isole Fiji, celebre per le sue spericolate manovre aeree, inedite per l’epoca, Snuka è stato protagonista di diversi momenti memorabili come la movimentata intervista con Roddy Piper terminata in rissa (con tanto di noce di cocco spaccata sulla testa) o il celebre steel cage match del 1983 contro Don Muraco, al Madison Square Garden di New York.
Superfly salì in cima alla gabbia e volò atterrando violentemente sull’esanime Muraco steso al centro del ring con il più famoso “Superfly Splash” della sua carriera.
Nel 1996 è stato introdotto nella WWE Hall of Fame ma l’onorificenza è stata revocata a seguito delle accuse per l’omicidio della sua ex-ragazza avvenuto nel 1983.
Nel 2015 Snuka venne ritenuto colpevole e condannato ma non scontò la pena per via delle condizioni di salute: la demenza senile ed un cancro allo stomaco misero fine alla vita dell’atleta un paio di anni più tardi, poco dopo il suo settantatreesimo compleanno.
The Hart Foundation
Bret “The Hitman” Hart e Jim “The Anvil” Neidhart, ovvero il tag team conosciuto come The Hart Foundation, considerato uno dei più carismatici degli anni ottanta.
Il mix tra gli stili di wrestling dei due lottatori era la chiave del successo: Neidhart basava tutto sulla potenza, mentre Hart, più agile e tecnico, imparò ad utilizzare la “ring psychology” per trarre vantaggio.
Memorabili sono i feud contro i Rockers, i Demolition ed i Legion of Doom. La Hart Foundation detiene tuttora un record nell’ambito di WrestleMania: il duo è riuscito a vincere i titoli di coppia sconfiggendo i campioni Nikolai Volkoff e Boris Zhukov in soli 17 secondi nel corso del match svoltosi a WrestleMania VI. Successivamente il team si ampliò diventando una vera e propria “stable” che includeva Jimmy Hart (in veste di manager), Owen Hart, Brian Pillman e Davey Boy Smith; tutti i membri del gruppo erano legati da uni stretto legame di parentela.
Ad oggi gli unici ancora in vita sono Bret e Jimmy, coinvolti marginalmente nel mondo del wrestling con sporadiche apparizioni.
The Iron Sheik
Hossein Khosrow Ali Vaziri è certamente una figura singolare, contraddittoria da diversi punti di vista.
Per decenni ha indossato i panni di nemico numero uno degli USA quando in realtà è difficile pensare a qualcuno che incarni meglio lo spirito del sogno americano.
Nato a Tehran, (Iran) nel 1942, si fece un nome come guardia del corpo dello Shah Pahlavi e successivamente come lottatore amatoriale fino a prendere parte alle Olimpiadi del 1968 come membro della squadra nazionale di lotta greco-romana.
Successivamente si trasferisce negli Stati Uniti dove porta avanti una carriera di preparatore sportivo per poi successivamente entrare nello scintillante mondo del pro-wrestling, ottenendo immediatamente un grande successo.
Coronato Campione Mondiale WWF nel 1983, perse la cintura un anno dopo, travolto dalla nascente Hulkamania; il match contro Hogan ebbe una risonanza mediatica tale da diventare iconico, entrando a far parte dell’immaginario pop americano.
Tanto per citare un esempio, la faida Sheik-Hogan è lo spunto di trama principale sul quale si basa il film del 2008 “The Wrestler” con Mickey Rourke.
Nel ruolo del cattivo mediorientale che viene battuto dal buono “Made in USA”, cliché nato proprio negli anni ’80 con The Iron Sheik, resterà intrappolato per il resto della carriera. La popolarità dello sceicco di ferro andrà via via scemando fino ad un ritorno sulle scene “che contano” nel 2005, quando viene introdotto nella Hall of Fame e torna ad apparire in TV anche in veste di atleta.
Oggi, visti i problemi di deambulazione dovuti a decenni di infortuni, è ancora attivo come manager di nuovi talenti e, soprattutto, come personalità social: il suo account twitter è seguito da quasi 600.000 follower.
“The Million Dollar Man” Ted Di Biase
E a proposito di “monte Rushmore”, il mio preferito in assoluto negli 80s: l’uomo da un milione di dollari.
Da bambino, pur essendo conscio (ma non del tutto convinto) che il wrestling fosse una grande finzione, ero estremamente affascinato da questo personaggio malvagio oltre ogni logica e non riuscivo a capire perchè mai un miliardario preferisse passare il proprio tempo facendosi picchiare da energumeni sudati invece che stare a casa a gordersi la vita.
All’epoca non erano ancora stati girati Fight Club e 50 Sfumature di Grigio, beata innocenza. Ma Ted Di Biase era talmente calato nel personaggio da risultare estremamente convincente, mai troppo sopra le righe e con un naturale carisma, da diventare uno degli hell più rappresentativi della sua generazione.
Dotato di un solidissimo background tecnico, figlio del leggendario “Iron” Mike Di Biase, nel corso di una carriera sempre ai massimi livelli ha conquistato oltre trenta titoli nelle varie federazioni in giro per il mondo fra cui il WWF World Heavyweight Championship nel 1988, “vinto” senza aver lottato nemmeno un secondo ma acquistato da André the Giant davanti ad una folla inferocita. E come non citare la Million Dollar Belt, cintura fatta realizzare in oro e diamanti?
Venendo ai giorni nostri, come molti suoi colleghi DiBiase è un cristiano rinato e svolge attivamente il ruolo di Pastore, dividendosi fra fede, pubblicazione di libri e qualche sporadica apparizione sui ring americani, dove può mettere in ombra le nuove generazioni con la sua incredibile abilità oratoria.
Ultimate Warrior
E’ davvero complicato parlare di un wrestler come James Brian Hellwig, vero nome di Ultimate Warrior (successivamente cambiato LEGALMENTE in Warrior, per sottrarre i diritti di sfruttamento alla WWE).
Uno dei più amati dal pubblico ma dei più odiati dagli addetti ai lavori, instabile, inaffidabile e poco professionale. Per molti è stato uno shock scoprire che il proprio idolo d’infanzia in realtà è stato un essere umano “discutibile”, incurante della sicurezza dei colleghi, dichiaratamente misogino ed omofobo.
Ma il bambino che alberga in noi ignora tutto questo, il bambino che alberga in noi vuole soltanto ricordare quel supereroe adrenalinico e coloratissimo che infiammava le arene. Nella seconda metà degli anni ’80 Warrior era talmente “over” con il pubblico da riuscire a mettere in ombra addirittura Hulk Hogan, fino ad allora beniamino delle folle.
A Wrestlemania VI vinse la cintura di campione proprio contro Hogan in un match memorabile allo Skydome, con il pubblico diviso equamente in due fazioni, decretando di fatto la fine della “Hulkamania” e della golden age del wrestling.
Ma la parabola di Ultimate Warrior era destinata a concludersi nel modo imprevedibile che l’aveva caratterizzata: dopo anni di oblio e di federazioni di provincia, e dopo una fallimentare carriera di conferenziere politico, nel 2014 viene incredibilmente introdotto nella Hall of Fame della WWE che gli aveva sì dato prestigio, ma con la quale i rapporti si erano chiusi “nel sangue” fra cause legali e colpi bassi(ssimi) da ambo le parti.
Tre giorni dopo aver ricevuto l’ambito anello e aver pronunciato un epico discorso in mondovisione, di muore colto da improvviso infarto all’età di 55 anni.