A volte la vita è profondamente ingiusta. Anzi: quasi sempre. In ogni campo ci sono mediocri che emergono per mancanza di concorrenza, e periodi affollati di talenti. Alla fine succede per forza che uno emerge, gli altri fanno una figura scarsa e di loro, purtroppo, ci si dimentica: voi vi ricordate di Ion Tiriac o di Bjorn Borg? Di Tyra Banks o di Naomi Campbell? Di Apollo o di Rocky? Ecco, cose così.
Le poche volte che il mondo si rivela un posto abbastanza grande per accogliere contemporaneamente due fenomeni, diventa di solito anche un posto migliore. Prendiamo il mondo del fumetto, che aveva già vissuto delle rivoluzioni ma che negli anni ’80 ne vive una rivoluzione totalmente diversa, che lo porta a vette di popolarità mai sperimentate.
L’anno di svolta è il 1986: in America escono “Batman: il ritorno del cavaliere oscuro” di Frank Miller e “Watchmen” di Alan Moore, in Europa Sergio Bonelli pubblica il primo numero di Dylan Dog. Se Dylan Dog diventerà un fenomeno di costume e raggiungerà “tirature da brivido” (per l’Italia) vicine alle 500.000 copie, i lavori di Miller e Moore entrano di diritto tra i capolavori della letteratura del decennio e hanno ispirato visivamente una generazione di autori di fumetti, di racconti, di cinema e, più in generale, di ragazzi.
Se dopo “Batman Begins” avete iniziato a vestirvi solo di nero, se dopo aver visto “300” vi siete messi sul comodino un plastico delle Termopili, se non vi siete persi nessuna delle megaproduzioni Sony-Marvel degli ultimi 15 anni (da Spider-Man a Hulk e da X-Men ad Avengers), la colpa è soprattutto di Frank Miller: il suo Batman cupo e paranoico ha riscritto metà delle regole del fumetto e ricostruito metà dell’immaginario collettivo (all’altra metà ci ha pensato Alan Moore).
Ma anche se non avete mai preso in mano un fumetto e non avete mai visto Batman al cinema, Il Cavaliere Oscuro e Watchmen meritano di essere letti, per capire come la loro carica dirompente abbia fatto uscire il fumetto dai confini, sempre un po’ strettini, del genere. Dopo Frank Miller e Alan Moore, niente è più come prima. Per nessuno.
Poi certo, a me Batman non è mai piaciuto: troppo folle, troppo ricco, troppo stravagante. Già da bambino preferivo Robin, che invece nel frattempo è stato fatto sparire senza che nessuno ne abbia pianto l’assenza, come Andrew Ridgley dagli Wham! o Mauro Repetto dagli 883. E così quando ho capito che non sarei mai diventato amico di Batman, ho iniziato a frequentare il Barman. Ne sono seguite grandi serate: anche se il mio fegato un po’ ne ha risentito.