Oggi siamo lieti di intervistare Pietro Ubaldi, famoso soprattutto nel campo del doppiaggio di cartoni animati, dal 2003 è la voce ufficiale di Doraemon.
Ciao Pietro, iniziamo facendo un gioco che facciamo a tutti gli intervistati sul nostro sito: hai a disposizione la Delorean per tornare in un anno a tua scelta degli anni 80.
“Ah caspita: tornerei agli albori!”
Magari per cambiare qualcosa.
“Non ho rimpianti per un’epoca passata piacevolmente, e continuando a vivere nel mondo dei cartoni animati e del doppiaggio sono felice tutti i giorni di quello che faccio. Gli anni 80 sono stato l’inizio delle TV private a Milano e dell’ampliamento del lavoro, sia per gli attori che per i doppiatori: il cinema è sempre stato a Roma, e prima di allora gli attori milanesi difficilmente lavoravano nel doppiaggio. A Milano si doppiava per piccole realtà come Capodistria, Montecarlo, Svizzera, qualcosa per la Rai; ma con l’avvento delle private è arrivato tantissimo lavoro, soprattutto per i cartoni animati. Io con la mia gran voglia di giocare con la voce, ho avuto un incontro felicissimo con la signora Valeria Manera che poi mi ha preso a ben volere, e così la mia prigione dorata sono stati proprio i cartoni animati per oltre 20 anni. Questo mi ha impedito ad esempio di andare a Roma a doppiare film, anche se ho recuperato un po’ adesso.”
Come è iniziata la tua carriera?
“Guarda, per tradizione familiare dovevo fare l’ingegnere meccanico e fare motori marini, poi mia madre mi ha lasciato libero di scegliere le mie inclinazioni. Dopo il liceo scientifico ho iniziato ingegneria, ma intanto ho iniziato a fare teatro amatoriale con degli amici, poi è diventato teatro professionale di prosa dai 21 ai 25 anni con cose serie e particolari in piccole parti. E poi all’epoca la cartolina militare arrivava, ho dovuto quindi interrompere l’attività teatrale. Nel frattempo però nascevano le tv private, e anche se non avevo tanto tempo libero da pensare a firmare un contratto, ho comunque iniziato a doppiare cartoni animati, che sono stati e sono il mio pane da tanto tempo.”
C’è un cartone animato che ti pesa doppiare?
“Mi capita di stancarmi vocalmente. Magari la gente non lo immagina, ma anche se mi diverto con il mio lavoro mi stanco comunque. Anche quando giochi, mica lo fai per 24 ore al giorno…”
Qual’è il personaggio che ti fa esclamare “Ah che bello, oggi vado a doppiare…”
“Ce ne sono stati tanti e continuano ad essercene. Io amo moltissimo Doraemon, che ogni tanto ritorna anche perché con gli episodi siamo sempre in arretrato rispetto al Giappone.
Mi piace tantissimo fare Patrick Stella di Spongebob, mi diverte molto; e poi mi piacciono le cose nuove, i progetti nuovi, anche quelli italiani. E’ interessante dare la voce ancora prima di avere il disegno, quindi mi piacciono i piccoli film che la pubblicità in animazione ogni tanto fa: ti danno la possibilità di caratterizzare il personaggio, come per esempio M&MS, cose sporadiche e brevi, ma belle.”
Poi la gente ti riconosce, c’è anche il gioco di capire che è Ubaldi a dare la voce.
“Certo, io cerco di adattare la voce ma il timbro rimane quello. Ma mi impegno per cambiare e rendere il servizio migliore che posso al personaggio originale: considera che spesso è una voce non riproducibile, le voci giapponesi sono foneticamente difficili, e a seguirle si rischia di imitare la sonorità della lingua e non l’intenzione vera.”
Tempo fa ho visto ospite di Fabio Fazio l’attore Vincent Cassel….
“…Sì, che ha parlato male del doppiaggio italiano.”
Cassel ha detto che noi italiani doppiamo tutto e roviniamo i film.
“Rovinare è una parola grossa. Che il doppiaggio sia un infedeltà è vero. Dico sempre che noi italiani siamo pigri, non sappiamo parlare altre lingue e vogliamo guardare tutto doppiato ci può stare. Ma bisogna dire anche che ci sono dei ‘non attori’ che recitano nei film, e quelli sono da doppiare perché inascoltabili. Poi non si possono sapere tutte le lingue: io vorrei chiedere a Vincent Cassel se quando legge libri russi o giapponesi li legge in lingua originale o tradotti.”
Per lavoro ho avuto la fortuna di conoscere tanti grandi doppiatori, come il compianto Tonino Accolla; e un gioco che mi è sempre piaciuto fare è chiudere gli occhi e pensare al personaggio che il doppiatore stava facendo. Per conto mio in Italia il doppiatore è un attore.
“Sì, dovrebbe esserlo. Non è sempre così, però perlomeno è una persona che ha l’atteggiamento e l’attitudine dell’attore.”
In Italia abbiamo grandi scuole e famiglie di doppiaggio, basti pensare agli Amendola.
“Sì, il doppiaggio è poi cambiato nell’arco del tempo. Una volta era più impostato, più epico, più trombone, però sono le voci alle quali ti affezioni. Come l’attore che vai a doppiare occupa tanti ruoli diversi, anche la voce si trasforma cambiando pelle.”
Tornando a noi, come sono stati i tuoi anni 80?
“Io lavoravo tantissimo, dodici ore al giorno. Facevo i cartoni animati la mattina, la pubblicità o le sigle dei cartoni nell’intervallo e poi “Ciao Ciao” e “Bim Bum Bam” con i pupazzi.”
Era veramente la Milano da bere o era solamente finzione, un po’ tutto pompato?
“Mah, diciamo che era la Milano da bere che è nata attorno, almeno politicamente, al partito socialista, che a livello culturale è sempre stato molto egemone a Milano. Che fosse tutto per fare propaganda quello non lo so; ma si identifica con Craxi, a sua volta molto legato al mondo di Berlusconi nel quale Mediaset si è eretta ed espansa. A me i retroscena non interessano, ma è stato per Milano comunque un impulso notevole. Berlusconi con Mediaset ha portato un’ondata di novità e anche tanto lavoro, al di fuori delle logiche un po’ paludate della Rai. Per Milano è stata una gran manna e devo dire che le cose giravano molto bene in quel periodo. Poi se fosse tutto fumo e niente arrosto quello non te lo so dire.”
Tu avevi a che fare con Berlusconi?
“Io ho lavorato negli anni 80 e 90 facendo per lui le trasmissioni per i ragazzi, e lui era uno molto presente finché non si è trasferito a Roma per politica. Lo si incontrava facilmente negli studi. A parte che stava più volentieri con le sarte e i macchinisti che non con i dirigenti. E raccontava le barzellette. E poi… gli sono sempre piaciuto tanto le soubrette.”
Ringraziandoti, lasciamoci con il tuo disco preferito degli anni 80.
“Sai, io canto tantissimo ma sono un po’ retro, mi piace il canto melodico, amo i musical… non lo so, mi piace tutto, sono onnivoro, quindi scegliete voi per me!”
(intervista a Pietro Ubaldi realizzata durante il Milan Comic Con 2017)