Più che polemico, lo premettiamo, questo è un articolo alternativo al silenzio di chi, perplesso, rimane senza fiato.
Non si può, infatti, non fermarsi allibiti di fronte all’appropriazione di un simbolo della televisione che fu (dell’arte e della comunicazione in generale, nel senso più professionale e intenso delle due espressioni) e che non può avere punti in comune coi contenitori attualmente in onda sui canali generalisti. Allo sfruttamento, per camuffare la pochezza dei propri contenuti e linguaggi, di una figura colta ed elegante – oltre che generosa – venuta a mancare improvvisamente.
Lo scorso 30 luglio ci ha lasciati Anna Marchesini, un’attrice che si è donata fino all’ultimo al pubblico con devozione da grande artista. Nonostante una malattia che letteralmente la piegava in due, Anna ha calcato le tavole del palcoscenico e recitato fino alla fine, cadendo e subito rialzandosi, dando vita alle caratterizzazioni che tante risate ci hanno strappato. La signorina Carlo, la sessuologa Merope Generosa, la sora Flora e Gina Lollobrigida: maschere attraverso cui i telespettatori hanno imparato ad amarla, e non smetteranno certo di farlo a causa della sua morte.
E così abbiamo da un lato il buon gusto e l’ironia intelligente di una signora come Anna Marchesini, dall’altro Barbara D’Urso, campionessa di ascolti targati Mediaset che non ha certo bisogno di presentazioni. Cosa hanno in comune questi due personaggi?
Niente.
Al massimo, Anna e Barbara potrebbero essersi incrociate nei corridoi RAI trent’anni or sono; la prima, comica di successo insieme al Trio (Marchesini, Lopez e Solenghi); la seconda valletta e soubrette.
Oggi Barbara è un’affermata conduttrice, mentre Anna non c’è più: al suo posto, ai microfoni di Domenica Live (un programma dove difficilmente la Marchesini avrebbe avuto motivo di andare ospite) c’è Paki Valente, ex marito dell’attrice del Trio, in studio per rivolgere un appello alla figlia Virginia e riallacciare i rapporti.
Anna Marchesini al suo pubblico non ha mai raccontato il dramma del divorzio e le difficoltà nel conciliare la maternità con la malattia che l’aveva colpita. Preferendo regalare strepitose imitazioni, come quella di Gina Lollobrigida nella Domenica In di Mino D’Amato (1985-86), o quella di Rita Levi Montalcini a Fantastico (1986-87); ancora, le sorelle Carlucci al Festival di Sanremo del 1989. Come una collana preziosa, in cui ogni perla è una gag. Restando nella metafora, lo scrigno di gioie che ciascuno di noi custodisce è la memorabile versione parodistica de “I Promessi Sposi (1990)” targata Marchesini-Lopez-Solenghi.
Laureata in psicologia e formatasi attrice all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, Anna al teatro non si è mai negata. Neanche negli ultimi anni quando, trasformata nel fisico dalla malattia, accettava coraggiosamente di apparire nelle trasmissioni dell’amico Fabio Fazio per parlare dei propri libri e spettacoli. Lo spirito, al di là dell’aspetto consumato, restava quello di una giovane donna entusiasta e appassionata, con un vitale luccichio negli occhi.
Ecco. Che cosa hanno a che fare la gioia e la forza trasmesse fino alla fine da Anna Marchesini, con il siparietto creato da Barbara D’Urso e Paki Valente a Domenica Live (che di gioioso, ci permettiamo di osservare, sembrava avere ben poco)?